Uno degli strumenti di protezione e valorizzazione dei patrimoni è il trust, istituto d’origine medievale in cui un fondatore/disponente vi colloca beni immobili, partecipazioni societarie, mobili registrati, mobili, opere d’arte, ecc. con una ottima efficacia per le diverse finalità per cui viene istituito: dalla trasmissione del patrimonio, anche per passaggio generazionale, alla protezione dello stesso o di singoli beni, dal vincolo o prescrizioni circa l’uso per raggiungere determinate finalità (forme di investimento e/o pensionistiche, tutela di minori o disabili, charity) alla ottimizzazione fiscale dei flussi, ecc. .
Tra i principali motivi per l’utilizzo dei trust vi sono, come ricordano i promotori della legge svizzera: la protezione dei beni, che posti in tali strutture sono al riparo da eventi pregiudizievoli legati alle singole persone (separazione di patrimonio personale da patrimonio aziendale o protezione da comportamenti personali avventati come gioco d’azzardo, uso di droghe), la tutela dei minori e dei soggetti diversamente abili, tutela nel passaggio generazionale, e anche beneficenza, forme di investimenti e pensionistiche.
Una panoramica sull’Istituto del Trust può essere tratta da quest’articolo, che a distanza di due lustri mantiene la sua validità espressiva.
Numerosi Paesi, tra cui l’Italia, aderendo alla Convenzione dell’Aja (recepita in Italia con la Legge 16 ottobre 1989 n. 364) hanno scelto di fare shopping di legislazioni di altri Paesi cui regolamentare il proprio Trust. Ed allora si va dalla legge maggiormente utilizzata di Jersey ma anche quella inglese, di Cayman, Malta, San Marino, Nuova Zelanda, Bahamas, Guernsey, British Virgin Islands, singoli Stati Usa, Israele o, per finire, quella cinese introdotta con il “Trust law of people’s Republic of China”.