In arrivo comunicazioni dirette di “compliance” a contribuente e Guardia di finanza

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Introduzione

Partono i controlli fiscali sulle attività finanziare detenute all’estero basati sull’acquisizione automatica di dati ricevuti dai paesi che aderiscono alla collaborazione amministrativa. E l’Agenzia delle Entrate promuove la regolarizzazione spontanea per quei contribuenti che non hanno dichiarato proprie attività finanziarie detenute all’estero nel 2017 sia ai fini di monitoraggio fiscale che dei relativi redditi percepiti.

Per questa modalità di compliance le Entrate si accingono ad inviare una comunicazione, sia al contribuente che alla Guardia di finanza, contenente le discrasie che emergono dal confronto tra i dati ricevuti dalle autorità estere e i dati dichiarativi relativi alle attività finanziarie detenute all’estero.

Come emerge dal Provvedimento 348195/2020 dell’Agenzia delle entrate (clicca QUI) che istituisce la procedura, la comunicazione evidenzia le anomalie “più rilevanti” dalle banche dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate (Archivio dei rapporti finanziari), anche alimentate appunto dai dati provenienti dallo scambio internazionale di informazioni fiscali.

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Flash-back

Il “capitolo” precedente al presente ha riguardato la procedura di rientro dei capitali del 2015, cd. “voluntary disclosure”, che -come si è avuto modo di sottolineare al tempo- era davvero l’ultima occasione per regolarizzare i fondi illecitamente detenuti all’estero senza averli dichiarati nel monitoraggio fiscale, prima che l’amministrazione finanziaria potesse a disposizione le evidenze dei conti e degli investimenti esteri direttamente dalle autorità fiscali degli Stati in cui sono custoditi.

Gli accordi di collaborazione per “scambio di informazioni” fra le amministrazioni fiscali dei vari Paesi furono fortemente promossi in quell’epoca sia a livello multilaterale (Ocse e Fatca) sia su iniziativa dell’Italia, che ha stipulato numerose convenzioni a ciò finalizzate anche con Stati c.d. “offshore”, e ciò (anche) sull’abbrivio proveniente a livello internazionale dall’Unione europea (Dir. 2011/16/Ue) e dall’Ocse (Forum G 20 del 29 ottobre 2014).

Con riferimento ai dati finanziari relativi al periodo d’imposta 2016, il totale dei dati scambiati nel 2017 sono stati 11 milioni di conti (fonte Agenzia delle Entrate): un poderoso ed efficace flusso di dati tra 102 Paesi aderenti.

Operativa la tenaglia

I controlli della dichiarazione 2017 relativa al periodo d’imposta 1/1 – 31/12/2016 costituisce una tappa miliare dell’attività di controllo all’estero delle sostanze economiche e finanziarie dei soggetti fiscalmente residenti in Italia[1], in quanto vede l’operatività di acquisizione nella banca dati del fisco i patrimoni detenuti nei paesi ove tradizionalmente si concentra il risparmio degli italiani:

– Svizzera,

– Montecarlo,

– San Marino,

– Liechtenstein

ed altri 98 Paesi (tra cui Austria, Hong Kong, Singapore, Brasile, Emirati arabi, Cayman, Bahamas) aderenti agli accordi di cooperazione amministrativa internazionale multilaterale.

Contenuto della comunicazione

La comunicazione rivolta al contribuente contiene la descrizione della tipologia di anomalia riscontrata (relativa agli obblighi di monitoraggio fiscale e/o di evasione di redditi imponibili di fonte estera), evidenzia la possibilità per il destinatario di verificare sul proprio cassetto fiscale i dati di fonte estera che lo riguardano, indica le modalità per richiedere ulteriori informazioni, formula l’invito a fornire chiarimenti e idonea documentazione (nel caso in cui il contribuente ravvisi inesattezze nelle informazioni pervenute dalle Amministrazioni estere o abbia già assolto gli obblighi dichiarativi per il tramite di un intermediario residente) ed infine fornisce istruzioni (contenute in un apposito allegato) circa gli adempimenti necessari per regolarizzare la propria posizione, avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso.

Viceversa, alla Guardia di finanza i dati comunicati al contribuente comprendono, altresì, lo Stato estero cha ha trasmesso l’informazione, l’istituto finanziario presso cui è detenuto il conto, il numero identificativo del conto, l’ammontare del saldo del conto e la valuta in cui è espresso, gli importi dei pagamenti accreditati sul conto, a titolo di dividendi, interessi, proventi lordi o altro, nonché la relativa valuta in cui sono espressi.

Regolarizzazione errori od omissioni

Il contribuente può regolarizzare la propria posizione presentando una (o più, in base alle opportunità, a seconda dei casi) dichiarazione dei redditi integrativa versando le maggiori imposte dovute, unitamente a sanzioni sensibilmente ridotte ed (eventuali) interessi, avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso.

La collaborazione fiscale internazionale

Nell’ambito di un’azione globale tesa ad aumentare la trasparenza fiscale, alla modalità spontanea o su richiesta dei singoli Paesi di scambiare le informazioni, l’Ocse ha introdotto un nuovo modello per lo scambio di informazioni in materia fiscale, il cosiddetto Common Reporting Standard (“CRS”) sulla base della Convenzione sulla mutua assistenza amministrativa in materia fiscale.

Il Common Reporting Standard regola lo scambio automatico su base annuale di informazioni sui conti finanziari tra le giurisdizioni aderenti (tra cui i dati relativi a conti correnti e attività finanziarie dei soggetti non residenti). Le istituzioni finanziarie tenute alla comunicazione devono fornire le informazioni alle autorità fiscali del proprio Paese, le quali provvederanno ad inoltrarle alle rispettive autorità fiscali all’estero.

Il tutto va ad aggiungersi alla gigantesca mole di dati a disposizione del fisco, dai saldi e movimentazioni complessive dei rapporti finanziari (dal 2011 in avanti), ai dati immobiliari, alle utenze (telefoniche incluse) fino ai dati antiriciclaggio direttamente utilizzabili da parte del fisco.

Conclusione

Può, anche l’emanazione del Provvedimento 348195/2020 (clicca QUI), attivare un’operazione di pianificazione e tutela patrimoniale poiché la regolarizzazione fiscale:

– minimizza la sopravvenienza passiva derivante dall’accertamento fiscale, e

– valorizza, in termini di compliance, fondi che -diversamente- talvolta possono esprimere una minore od addirittura azzerata operatività.


NOTE:

[1] Numericamente molti, ma molti di più, di quanto possa emergere dalle anagrafi comunali.

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