e-commerce in espansione, oltre il Moss

Kate Moss

Crisi di vendite e lockdown rappresentano l’ultima campanella per superare l’esame del mercato del futuro, la “new economy”. L’assist fiscale[1] rappresentato dalla Dir. 2017/2455/Ue in vigore dal prossimo 1° luglio 2021.

Una strada. Per fare un negozio ci vuole una strada che permetta ai clienti di raggiungere il negozio e che sia attraente così da essere visitata. Un negozio in una strada famosa del centro possiede già metà del successo garantito.

Ora, più che mai, la strada è quella digitale e le possibilità sono le medesime anche per i cosiddetti negozi “di periferia”: conta la visibilità sul web, opportunamente raggiunta con tecniche di indicizzazione, digital marketing, ads e attività social, in un mercato potenziale enorme -o nuovi mercati se si pensa alla sola Europa- composto certamente da un numero più che sufficiente di clienti che coprano la singola offerta, anche se di nicchia[2].

Ma al prodotto o servizio non basta più la (sola) visibilità per un (vero) successo commerciale: occorre una sottostante pianificazione organizzazione giuridico-fiscale e logistica, senza le quali ogni vendita, ed ulteriore vendita, rischia di essere vana od addirittura controproducente.

L’entrata in vigore il prossimo 1° luglio 2021 dalla Dir. 2017/2455/Ue rappresenta, con le sue articolazioni e semplificazioni, una grande opportunità per migliaia di piccole e medie imprese italiane.

Premessa

L’attuale situazione di crisi economica induce a pratiche commerciali, non sempre opportune o lungimiranti, per compensare mancati ricavi e la limitazione agli spostamenti delle persone ha ampliato il bisogno di contattare e raggiungere la clientela, anche quella di vicinanza, presso il suo domicilio attraverso strumenti maggiormente integrati per imprese tradizionali, magari ancora off-line.

E ciò approfittando del fatto che le abitudini di consumo, e di business in generale[3], già erano orientate verso il digitale e che la situazione emergenziale stimola tale transizione.

Nel presente articolo ci prefiggiamo di ampliare la comprensione del tema “e-commerce”, a partire da una analisi dell’e-commerce nel contesto attuale, per continuare sull’esame delle:

  • “modalità gestionali” e
  • “scelte”

sino ad ora effettuate e quelle che gli imprenditori potrebbero porre in essere rispetto a quelle che magari stanno (già) facendo in questo momento oppure per pianificare una nuova azione.

Seguirà un approfondimento circa inquadramento fiscale e relative modalità, attuali e quelle del prossimo venire del 1° luglio 2021 per i singoli imprenditori che vogliano affrontare in prima persona l’e-commerce (dal Moss all’Oss) oppure avvalendosi di un Markeplace.

Nella considerazione che una nuova e favorevole regolamentazione scatta dal prossimo 1° luglio 2021 e i mesi che seguono potrebbero essere ben investiti per pianificare una azione strategica in tal senso.

Modelli gestionali

Il canale e-commerce[4] ha, si diceva, subito una fortissima accelerazione per via della situazione emergenziale in corso. Nel periodo del lockdown, la necessità di acquistare prodotti di vari settori (agroalimentare, tessile ed abbigliamento, ecc.) ha incrementato notevolmente il numero e valore delle transazioni via web[5] e ciò ha destato l’attenzione che merita sugli operatori economici.

I grandi Amazon e Alibaba, che possono essere un riferimento ma non necessariamente un esempio[6], stanno cambiando le “regole del gioco” e ridisegnando il settore del dettaglio e della fornitura. Ma le potenzialità sono ancora notevoli in quanto, sebbene le cronache riferiscano quasi giornalmente di aumenti percentuali a doppia cifra, il volume -in assoluto- ancora appannaggio dell’off-line è immensamente superiore[7].

Ma chi riesce a rinnovarsi non solo salva la propria impresa ma consegue sensibili miglioramenti[8].. È però necessario un salto “culturale”, di comprensione ed accettazione del fatto che la tecnologia ha cambiato le modalità di spesa e ridefinito la “customer experience[9] sia online che offline Occorre prendere atto che lo smartphone guida ormai le scelte di acquisto nei canali e-commerce, ma anche le scelte nei negozi fisici prima passano attraverso ricerche digitali e talvolta anche dopo la “prova” in negozio[10].

OmniChannel

Occorre farsi trovare pronti davanti ad un cambiamento rivoluzionario, talvolta costoso e estremamente rapido.

E se per il consumatore non esiste più una distinzione tra spazio fisico e spazio on line… l’imprenditore che adotta una strategia omnichannel (ovvero “semplicemente” aggiungere il canale dell’e-commerce) [11] mira ad essere raggiungibile ovunque. L’abilità consiste nel saper integrare in modo coerente i diversi canali di comunicazione, ma anche di gestione (metodi, tempi, modalità dei pagamenti), verso clientela che vive un’esperienza differente.

La scelta delle imprese

In un ambito nazionale, oltre a tutto ciò, ed all’evoluzione normativa fiscale, di cui in seguito, sono nel tempo migliorate le condizioni per attuare il commercio on-line, a cominciare da quello dei pagamenti elettronici[12] che non costituiscono più quel freno di un tempo, per via del loro miglioramento in termini di sicurezza ed anche per abitudine[13].

Con riguardo alle scelte delle imprese, da un punto di vista gestionale, le opzioni oggi possibili consistono in:

  • sito internet proprio[14];
  • Marketplace, un negozio virtuale messo a disposizione da un’impresa specializzata (es. eBay, Amazon, Alibaba, etc.)[15];
  • outsourcing della gestione del proprio sito a un’impresa specializzata (ad esempio, nel settore dell’abbigliamento, Yoox, oggi Ynap-Yoox Net-a-Porter)[16];
  • Rete o Consorzio di imprese, unite ai fini dello sbocco commerciale sul web[17].

Inquadramento (fiscale) dell’ e-commerce

A) Regolamentazione fino al 30 giugno 2021

Tradizionalmente, il commercio elettronico si articola in:

  • e-commerce (“diretto”), riguardante prestazioni di servizi che avvengono elettronicamente, come definite ai fini iva dal Reg. 282/2019/Ue, il cui perimetro è abbastanza “limitato”[18],
  • vendite a distanza (“e-commerce “indiretto”), in ogni altro caso in cui, a prescindere dall’utilizzo della telematica, la consegna fisica del bene al consumatore avvenga con una normale spedizione (posta, corriere espresso, ecc.)[19].

L’attuale disciplina delle “vendite a distanza” considera:

  • le cessioni a distanza Italia su Italia, una vendita “normale” (ove la consegna o la spedizione del bene costituisce il momento di effettuazione dell’operazione, e ciò ai sensi dell’art. 2 DPR 633/72)[20];
  • le cessioni all’estero soggette:

– ad una regolamentazione unionale che gestisce le vendite all’interno dell’Unione europea tra stati membri, ai sensi dell’art. 40, commi 3 e 4, e 41, comma 1, lett. b) del D.L. 331/93;

– una regolamentazione che riguarda le vendite verso paesi terzi, considerandole delle esportazioni.

Sennonchè la regolamentazione unionale, nel voler tutelare in primis la concorrenza e poi evitare che gli acquisti potessero essere deviati a favore di Paesi membri che applicano aliquote più basse) ha stabilito il principio di tassazione nel Paese di destinazione (con pagamento dell’iva nel paese di consumo, appunto) e ciò, per le implicazioni amministrative, ha costituito, di fatto, un grande limite allo sviluppo professionale e sistematico dell’e-commerce verso i paesi dell’Europa da parte delle PMI italiane, e che dovrebbe essere superato dal 1° luglio del prossimo anno.

La “semplificazione”

Tuttavia, poiché nel caso di volumi di vendite non significativi non si ravvisa il rischio di distorsioni alla concorrenza e pratiche fiscali dannose, è prevista una “semplificazione” di assolvimento dell’iva nel Paese di origine[21] (in Italia, per l’impresa italiana che vende in uno dei Paesi Ue):

  • le cessioni effettuate in Italia devono essere superiori, nell’anno precedente e/o nell’anno in corso, a 35.000,00 euro[22];
  • le cessioni effettuate in altro Paese membro devono essere superiori, nell’anno precedente e/o nell’anno in corso, a 100.000,00 euro[23], ovvero all’eventuale minore ammontarestabilito da tale Paese a norma dell’art. 34 della Direttiva n. 2006/112/CE, come emerge dalla seguente tabella:

Ovvero, l’operazione è rilevante nello Stato membro di origine se l’ammontare di dette cessioni effettuate dal nell’altro Stato membro non supera nell’anno solare precedente i suddetti importi. Ciò, però, come rilevato, costituisce una complicazione in quanto i soggetti che effettuano vendite a distanza sono costretti a monitorare costantemente il volume delle cessioni effettuate in ogni stato Ue per verificare il superamento della soglia stabilita da questi ultimi[24].

In caso di superamento, nel corso dell’anno, delle soglie prestabilite, le operazioni eseguite fino al momento del superamento si intendono effettuate nello Stato membro di origine[25], ovvero in Italia per il fornitore italiano.

Quindi… in caso di superamento della soglia (bassa, se si considerano vendite di beni) l’esportatore italiano si deve porre il problema del monitoraggio e verifica del raggiungimento delle “soglie”, per ogni stato e per ogni periodo d’imposta, al verificarsi delle quali la vendita nel paese Ue non viene più tassata nel paese d’origine (in Italia con iva italiana, per esempio), ma nel paese di destinazione (per esempio in Francia, con iva francese).

E se la vendita fosse da tassare in iva francese ed il consumatore finale francese non fosse in grado di liquidare l’imposta (praticamente sempre)… l’esportatore italiano deve aprire una posizione fiscale iva con identificativo francese o con la nomina di un rappresentante fiscale in Francia per poter assolvere agli obblighi di fatturazione, liquidazione, versamento e dichiarazione dell’iva: è la cd. “regola dell’adempimento”.

Ecco perché la “semplificazione” ha costituito un limite: l’esportatore italiano che opera sull’on-line si è trovato ad avere il timore di dover aprire 27 posizioni di partita iva (rectius, 26[26]).

B) Nuovo regime dal 1° luglio 2021 per le vendite a distanza (e-commerce “indiretto”)

Il 1° luglio 2021 scatta una vera rivoluzione dal 1.7.2021 per le vendite a distanza di beni, il cosiddetto e-commerce indiretto: per le PMI si apre una grandissima opportunità di operare da web e di poter vendere in tutta Europa gestendo l’operazione direttamente dall’Italia.

La finalità delle nuove misure, come preso atto dalla Commissione europea, è quella di superare gli ostacoli[27] che l’attuale normativa pone alle imprese che effettuano vendite on line transfrontaliere.

Pertanto, con l’obiettivo di semplificare gli obblighi per le imprese comunitarie operanti nell’e-commerce e di rafforzare il mercato unico Ue, l’art. 2 della Dir. 2017/2455/Ue apporta due modifiche sostanziali, due agevolazioni:

  • via le soglie per le vendite a distanza ed ingresso al Oss (che subentra al Moss, ed altro[28]);
  • introduzione dei facilitatori del mercato (Marketplace)

per le quali, recentemente, in data 30 settembre 2020, Commissione Ue, per aiutare gli operatori a orientarsi sulle novità in arrivo, ha pubblicato le Note esplicative (vedi QUI) sulle nuove regole IVA in tema di e-commerce.

Pacchetto iva sul commercio elettronico

1) Dal Moss all’Oss

Il sistema speciale del Moss (“Mini one stop shop”) fu istituito per consentire di assolvere l’IVA (e i relativi obblighi) derivante da prestazioni di servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione e di servizi elettronici, effettuate nei confronti di “privati consumatori”[29]. Per cui, quale conseguenza per assolvere l’imposta, i prestatori avrebbero dovuto aprire una posizione iva in ciascuno Stato UE nel quale le operazioni si considerano effettuate.

Il sistema del Moss consente al fornitore[30] di identificarsi in un solo Stato Ue, e da questo adempiere agli obblighi impositivi (liquidazione, versamento, dichiarazione dell’iva[31]).

Cosa è l’Oss (“One Stop Shop)

Con la modifica formale di ridenominazione in Oss (“One stop shop”), il nuovo Moss accoglie dal 1° luglio 2021 nel regime speciale semplificato le “vendite a distanza” (e-commerce “indiretto”) intracomunitarie di beni anche:

  • le PMI ed
  • i soggetti passivi non stabiliti nella Ue.

L’armonizzazione unionale aggiunta alla semplificazione (non più 27 partite iva, per identificazioni o rappresentanti fiscali) di poter realizzare l’operazione direttamente dal proprio Paese[32] (o quello di identificazione) soggiace a queste condizioni (di applicabilità):

  • i beni sono spediti/trasportati dal fornitore o per suo conto (per chi opera multichannel, certamente);
  • i beni sono spediti/trasportati da uno Stato membro diverso da quello di destinazione (“esportazione” da paese Ue a paese Ue);
  • la cessione è effettuata nei confronti di un soggetto passivo o di un consumatore privato;
  • i beni ceduti sono diversi dai mezzi di trasporto nuovi e dai beni ceduti previo montaggio/installazione da parte del fornitore (o per suo conto).

Novità in termini di armonizzazione:

  • per vendite fino 10.000,00 euro in tutta la Ue, la territorialità iva resta nel paese del cedente (a meno che non si opti per la tassazione a destino);
  • con vendite superiori a 10.000,00 euro (superiori alla nuova “soglia unica” per tutti gli stati membri) l’operazione è rilevante ai fini iva nel paese di destinazione, del consumatore.

Novità in termini di semplificazione:

Al superamento della soglia il cedente può:

  • registrarsi ai fini dell’imposta in ciascuno degli Stati in cui si considerano effettuate le vendite;
  • optare per la registrazione al regime speciale Oss per le vendite a distanza intracomunitarie di beni assolvendo gli obblighi iva in un unico Stato.

I vantaggi sono riepilogabili in:

  • utilizzo di una singola dichiarazione fiscale e standardizzata;
  • cadenza trimestrale (trimestre civile), con versamento trimestrale;
  • presentazione entro venti giorni dalla scadenza del trimestre di riferimento;
  • in euro o nella moneta dello Stato membro di identificazione;
  • emendamenti/correzioni possibili entro tre anni tramite portale web.

Pagamento dell’IVA nel solo Stato membro di identificazione

Il versamento avviene nel solo Stato membro di identificazione, al momento della presentazione della dichiarazione IVA (20 giorni scadenza trimestrale).

Adempimenti

È previsto un adempimento unico nello Stato membro di identificazione, in lingua, tramite portale elettronico armonizzato a livello Ue

Suddivisione del gettito iva tra gli stati membri

Il trasferimento del ricavato dell’imposta versata è redistribuito agli stati membri dallo Stato membro di identificazione.

Adempimenti amministrativi

È previsto l’obbligo di tenuta di apposita documentazione, che va conservata per dieci anni e che deve essere messa a disposizione per via elettronica e disponibile per ciascuna operazione. Le informazioni possono essere richieste sia dallo Stato membro di identificazione che dallo Stato membro di consumo.

Con la semplificazione:

  • continueranno ad applicare l’iva nazionale solo coloro che effettueranno cessioni in Europa fino a 10.000,00;
  • si realizza il superamento del monitoraggio di 27 soglie per una corretta tassazione dell’operazione se Italia o estero e relativi adempimenti;
  • si prevede un’unica soglia di 10 mila euro complessiva sui 27 paesi (considerando esclusa la Gran Bretagna).

L’unica cautela da usare in questo sistema risiede nella verifica periodica, di volta in volta che si procede alla fatturazione, dello stato di aggiornamento delle aliquote iva (vedi QUI) da applicare con riferimento al Paese di destinazione, versandone l’imposta.

Kate Moss

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2) Introduzione dei facilitatori del mercato (“Marketplace”)

La Dir. 2017/2455/Ue, nel nuovo impianto normativo unionale, attribuisce un ruolo importante alle c.d. “piattaforme digitali”, ovvero per quei soggetti che facilitano le vendite a distanza di beni tramite un’interfaccia elettronica, in quanto essi, oltre a essere destinatari di specifici obblighi di conservazione dei dati per le vendite facilitate, saranno coinvolti nel processo di riscossione dell’iva.

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Definizione

Trattasi di un “regime speciale” per le vendite a distanza intraUe ed extraUe, effettuato mediante l’utilizzo di piattaforme digitali (“Marketplace”).

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L’ambito di applicazione riguarda:

  • vendite a distanza di beni importati/spediti da territori extraUe di valore non superiore a 150 euro;
  • cessioni di beni effettuate nel territorio Ue da un soggetto (anche se non stabilito nell’UE) nei confronti di un privato.

Fictio iuris

Si considera che la piattaforma abbia acquistato e poi ceduto i beni, scindendo la vendita a distanza in due operazioni:

1° – La cessione effettuata dal fornitore dei beni nei confronti del soggetto gestore della piattaforma (B2B);

2° – la cessione effettuata dalla piattaforma nei confronti del privato consumatore destinatario dei beni (B2C).

Trasporto dei beni ed esigibilità dell’iva

Il trasporto dei beni (partenza della spedizione) si intende riferito alla cessione effettuata dal gestore della piattaforma.

Il momento di esigibilità dell’imposta coincide con l’accettazione del pagamento, ovvero all’atto del duplice trasferimento tra cedente / gestore piattaforma / consumatore finale.

Debitore dell’imposta

Con riferimento al debitore dell’imposta, l’operazione viene scissa in due parti:

1° – nella prima operazione B2B, la piattaforma assolverà gli obblighi secondo la disciplina del reverse charge tanto in qualità di cedente quanto di cessionario[33];

2° – nella seconda operazione B2C, il gestore della piattaforma assolverà al versamento dell’IVA come una comune operazione imponibile.

Conclusione

Come sarebbe bello che le imprese italiane, concentrate sul prodotto e sulla qualità si impegnassero anche sulle strategie di gestione sia manageriale che commerciale di modo che le qualità a cui sono pervenute non venissero saccheggiate da chi, oltre alla rapace idea di cavalcare nuove modalità di vendita e di saper sfruttare piattaforme digitali ottimizzate, fa ben poco in termini di qualità ed innovazione di prodotto.

Si afferma che la “fortuna” di un territorio la fa (anche) la sua legislazione. Il mancato sviluppo di certe dinamiche economiche trovano anche causa nella legislazione, nelle limitazioni, aggravi, rischi che frenano od addirittura ostacolano l’entusiasmo di un libero esercizio delle inclinazioni personali alle funzioni economiche degli individui.

Le eccellenze e particolarità che operano nello stivale italiano potrebbero ancor più emergere se molti degli imprenditori, anche piccoli, prendessero coraggio e disponibilità di fare qualcosa di ulteriore e/o diverso, quantomeno sotto gli aspetti strategici e commerciali, rispetto a quanto fatto finora.

E chissà che lo stato di necessità provocato dalle condizioni patite negli ultimi mesi possa costituire quell’impulso vitale a compiere quell’ulteriore salto per riscuotere il meritato riconoscimento commerciale a produzioni di eccellenza che infrequentemente in altre parti del mondo è possibile individuare.


NOTE:

[1] operare sul web significa anche considerare adeguatamente i rischi, oltre ai vantaggi, che l’inserimento nel nuovo business pone sul piano fiscale e, soprattutto, ai fini dell’iva.

[2] anzi, proprio i prodotti particolari possono avere successo, differentemente dai prodotti/servizi “commodities”, perché basati sul riconoscimento del valore di quanto scambiato.

[3] 1,5 miliardi di acquirenti nel mondo fanno propri acquisti online, che rappresentano appena l’1% delle transazioni commerciali globali via web. Un ritardo che caratterizza in generale le aziende medio-piccole, e le aziende italiane in particolare sono ancora poco presenti.

[4] definito come “L’insieme delle attività di vendita e acquisto di prodotti effettuato tramite Internet. L’commerce, dunque, concerne anche tutte le relazioni commerciali, realizzate mediante l’uso di computer e reti telematiche, che sono volte allo scambio di informazioni direttamente correlate alla vendita di beni e servizi.”

[5] Le cronache riportano i volumi record di Amazon ed anche di Alibaba. Occorrerebbe puntualizzare il fatto che la prima, la società fondata da Jeff Bezos, soprattutto dedicata al B2C (differentemente dalla seconda che punta al B2B), non sta guadagnando sull’area “commercio elettronico b2c” nonostante un modello di business dalla struttura leggera da tipico reseller di prodotti di terzi. Anche per questo, potrebbe non doversi opportunamente considerare, perlomeno in toto, il modello di riferimento. Piuttosto appare come un potentissimo disrupter in una spianata di imprenditori.

[6] La prima, la società fondata da Jeff Bezos, soprattutto dedicata al B2C (differentemente da Alibaba che punta al B2B), non sta guadagnando sull’area “commercio elettronico b2c” nonostante un modello di business con struttura leggera da tipico reseller di prodotti di terzi. Anche per questo, potrebbe non doversi opportunamente considerare, perlomeno in toto, il modello di riferimento. Piuttosto appare come un potentissimo disrupter in una spianata di imprenditori.

[7] Per quanto l’e-commerce sia triplicato negli ultimi tre anni, nel complesso è stato stimato valga appena l’1,5% del mercato rispetto al totale delle vendite retail in tutto il mondo. Dallo studio emerge anche che Cina e India sono i due Paesi con la maggiore diffusione delle vendite online. L’Asia Pacifico è il principale driver del mercato, nel 2017 pesava per circa il 30% sul totale globale, con una elevata domanda di prodotti di alta qualità. Il secondo mercato per il retail resta quello americano con una quota del 25%.

[8] Relativamente al mercato statunitense, Walmart viene rappresentata come quella più avanti nella strategia per resistere all’avanzata di Amazon: ha investito sul digitale ed allargato il catalogo online oltreché la rete per le consegne a domicilio.

[9] definita come la chiave del successo, oltre la politica di prezzo. Un report basato sui dati 2018 riferiva che raggiungere i clienti occorre un mix tra e-commerce, digitale e negozi fisici laddove sono però cruciali le nuove tecnologie ed i social per orientare le scelte di acquisto di clienti che sono “solo” cambiati.

[10] da cui la frequente richiesta da parte di negozianti del pagamento di un corrispettivo per poter provare le scarpe, ad esempio.

[11] con l’evitare di auto-disintermediarsi: ovvero che un settore fagociti l’altro all’interno della stessa azienda.

[12] Nell’e-commerce, come noto, il pagamento elettronico è funzionale al sistema.

[13] Ove il Governo, per combattere l’uso del contante, incentiva in ogni maniera questo tipo di pagamenti, a cominciare dal cashback prossimo a dicembre, poi la lotteria degli scontrini (solo con pagamenti effettuati on-line) dal 28/2/2021 ed infine l’obbligatorietà del metodo PagoPA nei confronti delle pubbliche amministrazioni

[14] Presentarsi su internet con un proprio sito internet “vetrina” è indispensabile oramai, meglio se supportati da digital marketing, attività ads e social, ma ancor meglio da evitare se dietro a quel sito non esiste una struttura adeguata di gestione della logistica, della consegna, del reso e dei pagamenti. Sono aspetti che devono essere necessariamente governato, pena l’incorrere in problemi ed un boomerang reddituale oltre che reputazionale.

[15] Il Marketplace aiuta in termini di vetrina, di penetrazione di mercato, di servizi, di riscossione dei crediti, di gestione del flusso logistico. Formula interessante ma complessa, al pari del sito proprio, non tanto nella gestione del sito -che è gestito dagli operatori del marketplace- quanto piuttosto nel raccordo, nella riconciliazione amministrativa. Troppo spesso marketplace, impostati per la gestione di milioni di operatori, hanno una forma di rendicontazione uniforme a livello mondiale ma inadeguata alla realtà nazionale per via dei vincoli amministrativi soccombenti. L’esperienza insegna una notevole rigidità e problematiche nella fatturazione e nella gestione dei resi.

[16] Misto delle due soluzioni precedenti con l’outsorcer che gestisce in modo dedicato il sito dell’impresa, reindirizzando le richieste sull’impresa stessa, ma gestendo la consegna al cliente all’interno di una procedura logistica abbastanza corta e quindi più governabile. Generalmente, rispetto al Marketplace l’outsorcer lascia generalmente più o ampio spazio da un punto di vista della gestione del sito e comunque dello spazio virtuale degli operatori stessi.

[17] Soggetti, magari legati a distretti produttivi, che si costituiscono in rete o consorzio per concentrare risorse e gestire contestualmente contemporaneamente il mercato, A tal proposito le reti d’impresa hanno diversi vantaggi in termini giuslavoristici e abitualmente destinatari di contributi regionali e di finanziamenti.

[18] Le operazioni interessate sono le transazioni che si svolgono completamente per via telematica quali, ad esempio, la progettazione, realizzazione e manutenzione siti web, l’hosting, la fornitura di software e aggiornamento dello stesso, la cessione di immagini, musica, film, giochi, i servizi politici, culturali, sportivi, scientifici, di divertimento, l’accesso a banche dati, la formazione a distanza (di tipo passivo, mentre quella in diretta, ove v’è interazione, non è formazione “a distanza”, come servizio elettronico).

[19] In linea generale, con l’espressione “vendite a distanza” si fa riferimento alle cessioni di beni mobili materiali normalmente effettuate mediante sistemi “a distanza”, vale a dire su catalogo, per corrispondenza, via internet, o comunque con consegna nel luogo di destinazione a cura del fornitore.

[20] Il pagamento effettuato tramite carta di credito al momento della chiusura dell’ordine anticipa gli obblighi di fatturazione della vendita, in particolar modo per le vendite di tipo nazionale.

[21] con la facoltà per il cedente di optare per l’applicazione dell’IVA nello Stato membro di destinazione dei beni.

[22] ai sensi dell’art. 40, comma 4, lett. b), del D.L. n. 331/1993.

[23] ai sensi dell’art. 41, comma 1, lett. b), del D.L. n. 331/1993.

[24] a tal fine, occorre considerare l’importo globale, al netto dell’IVA, delle vendite a distanza effettuate nello Stato membro di arrivo nell’anno solare precedente e in quello in corso (art. 41 DL 331/93 ed art. 34 Dir. 2006/112/CE).

[25] l’imposta verrà applicata secondo il principio di destinazione soltanto a partire dalla cessione che ha determinato il superamento della soglia, con effetto per tutte le vendite a distanza effettuate nella restante parte dell’anno e in quello successivo, ai sensi dell’art. 14 del Reg. UE 282/2011.

[26] perché con la Brexit ne viene meno uno e da quel momento per la Gran Bretagna si applicheranno regole “doganali” e non più “unionali”.

[27] Tali ostacoli derivano in particolare:

  • dall’applicazione del regime IVA delle vendite a distanza (in base al quale le imprese Ue che vendono beni on line a privati consumatori devono registrarsi nello Stato membro del committente al superamento delle specifiche soglie di volume d’affari stabilite a livello nazionale);
  • dal fatto che le imprese extra-Ue che vendono beni da Paesi terzi a privati consumatori nell’Unione, beneficiano di un vantaggio commerciale rispetto alle imprese Ue;
  • in forma residuale, dall’esenzione iva prevista per le importazioni di beni di valore trascurabile, in quanto si presta a pratiche abusive.

[28] ovvero:

  • l’estensione del regime speciale MOSS alla generalità delle prestazioni di servizi B2C e alle vendite a distanza intracomunitarie di beni, nonché ad alcune cessioni interne;
  • la sostituzione delle attuali soglie previste per l’applicazione del regime delle vendite a distanza con un’unica soglia unionale di 10.000,00 euro;
  • l’abolizione dell’esenzione IVA all’importazione per le spedizioni di valore fino a 22 euro e la previsione di un nuovo regime speciale per le vendite a distanza di beni importati da paesi extra-Ue di valore non superiore a 150,00 euro (IOSS – Import One Stop Shop), nonché alcune semplificazioni in caso tale regime non venga applicato.

[29] trattasi di un sistema speciale e di carattere facoltativo giudicato coerente con i criteri di territorialità iva di cui all’art. 7-sexies, lett. f) e g), del DPR 633/72 (servizi B2C territorialmente rilevanti nello Stato di residenza o domicilio del committente).

[30] Possono avvalersi del “Moss” sia i soggetti passivi stabiliti nella Ue (Regime Ue) che, dal 1.1.2019, quelli stabiliti al di fuori dalla Ue (Regime non Ue). Il regime è facoltativo ma se il soggetto passivo decide di avvalersene è tenuto ad applicarlo in tutti gli stati membri.

[31] A partire dall’1.1.2019, i soggetti che si avvalgono del Moss documentano le operazioni secondo le regole di fatturazione applicabili nello Stato membro di identificazione e non secondo le regole dello stato membro di consumo (Dir. 2017/2455/UE).

[32] se ho l’Italia quale paese di stabilimento, opero direttamente dall’Italia. Il Moss, strumento dal perimetro limitato, finalmente si trasforma in Oss: meccanismo dalla portata più ampia che consente all’imprenditore italiano di gestire dall’Italia tutte le operazioni effettuate sul territorio europeo.

[33] A tutela della piattaforma digitale, per scongiurare il mancato pagamento da parte del fornitore non stabilito dell’iva addebitata alla piattaforma stessa, è prevista la non imponibilità dall’iva della prima operazione, lasciando ferma la detrazione dell’iva assolta a monte dal fornitore per l’acquisto/importazione dei beni ceduti (Art. 136-bis Dir. 2006/112/Ce).

Kate Moss


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