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Premessa

La visita alla mostra “La città ideale” (Galleria Nazionale delle Marche, Urbino) mi ha riportato indietro agli studi e, “non si finisce mai di…”, fornito spunti inaspettati.

A prescindere dal fatto che “è anche dalla storia che si conosce il futuro” oppure che “il futuro viene disegnato anche dalla storia”, imbattersi in fatti storici ri-appare sempre affascinante.

Ed anche estremamente attuale, relativamente alle differenti filosofia e, soprattutto, strategie, per governare lo Stato.

(Tommaso Padoa Schioppa, ministro dell’Economia e Finanze del Governo Prodi e già banchiere appartenente al board della BCE)

Il rinascimento e Federico da Montefeltro
(Stemma dei duchi di Urbino)
Nel 1444…​

Federico III, detto Federico da Montefeltro, anche Duca di Urbino, assume il potere a seguito di una congiura1Non è necessario che l’impresa esegua direttamente i lavori di miglioramento sismico bensì è possibile che tali lavori siano commissionati ad altra impresa esecutrice. Tuttavia, è necessario che l’impresa appaltante sia titolare del titolo abilitativo necessario alla realizzazione dei lavori finalizzati al miglioramento sismico e che sia un’impresa astrattamente idonea ad eseguire tali lavori (Interpello Agenzia delle entrate n. 320 del 10/5/2021) ordita dal popolo urbinate il 22 luglio 1.444 a carico del fratellastro Oddantonio da Montefeltro2 nato il 18 gennaio 1427 dal conte di Urbino Guidandonio da Montefeltro e dalla seconda moglie di costui, Caterina Colonna, fu l’unico figlio maschio legittimo del conte di Urbino e superò nel diritto di successione il fratellastro maggiore Federico, nato nel 1422 e legittimato nel 1424. (primo Duca di Urbino3 Il 17 febbraio 1443, pochi giorni prima della morte del padre, Oddantonio venne investito del vicariato apostolico in temporalibus, ed associato così al governo dei domini paterni. Il 26 aprile 1443 papa Eugenio IV elevava Oddantonio al grado di duca di Urbino, titolo trasmissibile agli eredi. La nomina si inquadrava nell’azione pontificia di contrasto a Francesco Sforza nelle Marche nella quale i Montefeltro erano comunque impegnati militando da tempo nell’esercito del duca di Milano, alleato del papa nella lotta allo Sforza.), il quale fu assassinato4 l’estraneità di Federico all’assassinio è stata messa in dubbio dai più (contemporanei e storici moderni, tratto da wikipedia. dopo poco più di un anno di potere motivato da addebiti di vita dissoluta a corte (oltre al pagamento della nomina ducale) e da una forte “stretta fiscale”.

Federico, presentatosi la mattina successiva a Corte, cancellò le imposizioni, concesse l’impunità per i congiurati e si concentrò a finanziare lo stato attraverso il richiamo in città di tutta la nobiltà dell’epoca, anche quella fuggita, per vivere nella città ideale da lui concepita (contraddistinta da pace, cultura ed arte) ed anche per mezzo di una sapiente dotazione militare e diplomatica con gli Stati del tempo.

A propria volta Oddantonio5 Aveva sposato nel 1397 Rengarda Malatesta, dalla quale, in ventisette anni di matrimonio, non ebbe figli. Da una relazione con Elisabetta degli Accomandugi, dama di Compagnia nacque Federico III, legittimato, secondo Duca d’Urbino. Da un’altra relazione extraconiugale sarebbe nata Aura, figlia naturale sposata al conte Bernardino degli Ubaldini della Carda, comandante generale della Compagnia Feltria.

Dopo la morte di Rengarda in seguito a malattia, sposò Caterina Colonna, nipote del Papa. Questa gli diede finalmente un figlio maschio, Oddantonio, garantendo cosi la successione alla casata. La coppia ebbe in totale 6 figli:Oddantonio II (1422 – 1444), primo Duca d’Urbino che successe al padre; Pietro che nel 1439 era al servizio del duca di Milano; Agnese (o Agnesina), sposata a Alessandro Gonzaga; Violante, moglie di Novello Malatesta, si fece monaca alla morte del marito;Raffaello, di cui nulla si sa; Sveva, moglie di Alessandro Sforza, costretta a farsi monaca divenne la “Beata Serafina”.
subentrava a Guidandonio da Montefeltro, padre di Oddantonio e di Federico, condottiero, il quale prese pacificamente nel 1403 le redini della Signoria di Urbino6 Nel 1404 si fece investire da papa Bonifacio IX signore di Urbino fino alla terza generazione, per milleduecento fiorini d’oro. Essendosi in seguito distaccato dal papa per unirsi al re Ladislao, che nel 1411 lo creò gran connestabile del regno, fu scomunicato. Con questo pretesto, conquistò Assisi. In seguito si riconciliò con la Chiesa e fece ossequio a papa Martino V divenendone il principale alleato assieme agli Sforza e che sostenne contro Braccio da Montone. Nel 1426 il Papa lo investì del dominio di Castel Durante, ovvero Urbania, che egli assediò ed occupò nel 1427..

(Piero della Francesca, Pala di Brera, con Federico da Montefeltro inginocchiato a destra)

Federico...

Venne introdotto a corte solo nel 1424 dopo la morte della contessa Rengarda Malatesta prima moglie di Guidantonio, ma venne allontanato nel 1427 alla nascita di Oddantonio, figlio legittimo del conte di Urbino e della seconda moglie Caterina Colonna.

Il padre impose a Federico una infanzia in esilio: dapprima nel Monastero benedettino di Gaifa, presso Urbino, poi presso la corte di Giovanna Alidosi, vedova del conte Bartolomeo Brancaleoni. Nel 1433 viene inviato a Venezia come ostaggio e successivamente a Mantova, dove frequentò presso “Cà Zoiosa” (l’edificio destinato ai piaceri ed alle danze della corte gonzaghesca), con i rampolli dei Gonzaga, la rinomata scuola del precettore Vittorino da Feltre.

Vittorino da Feltre by Giusto de gand e Pedro Berruguete
(Vittorino da Feltre)
Le qualità di Federico da Montefeltro

Le qualità di grande condottiero e di stratega militare gli valsero grandi incarichi di mediazione “internazionale”. Wikipedia riporta che nel 1.474 Federico raggiunse l’apice del prestigio ottenendo il titolo ducale di Urbino da papa Sisto IV Della Rovere che gli concesse anche l’Ordine equestre di San Pietro. In quell’anno fu anche aggregato all’Ordine dell’Ermellino dal re di Napoli Ferdinando I d’Aragona e nell’Ordine della Giarrettiera dal re Enrico IV d’Inghilterra. Recenti studi dimostrano che fu, assieme al papa Sisto IV, uno degli artefici della memorabile congiura dei Pazzi avvenuta nel 1478 all’interno del Duomo di Firenze con lo scopo di eliminare Lorenzo il Magnifico e il fratello Giuliano7È stata infatti rinvenuta una lettera cifrata nella quale il duca avrebbe accettato di marciare con le proprie truppe su Firenze al termine della congiura per conquistare la ricca città fiorentina (tratto da wikipedia).. Morì nella Guerra di Ferrara il 10 settembre 1482, mentre comandava l’esercito del duca di Ferrara, opposto a quello papale e veneziano, e fu sepolto nella Chiesa di San Bernardino ad Urbino.

Impiegò gli enormi guadagni derivati dalle condotte militari per mantenere una splendida corte, ma soprattutto per edificare il Palazzo ducale di Urbino (e quello di Gubbio), per rafforzare le difese militari dello stato con la costruzione e la ristrutturazione di rocche e castelli, per allestire una delle più celebri biblioteche dell’epoca. Per questo è ricordato come uno dei principali mecenati del Rinascimento italiano.

Fu un grandissimo mecenate, amico intimo di Piero della Francesca dal quale riceve in dono il tanto famoso ritratto; era definito” la luce dell’Italia”.

Federico da Montefeltro applicò le regole del buon governo, costruì la città a misura d’uomo ove la convivenza si contraddistinse per pace, arte, cultura.

(Pedro Berruguete: “Federico di Montefeltro con il figlio Guidobaldo”)

Evoluzione personale per evoluzione del Paese

Federico fu un continuo curatore dell’erudizione personale, e ciò grazie probabilmente alla sua formazione durante gli anni di fanciullezza. Favorì e sostenne le arti e la cultura in generale. Tra i suoi protetti, anche il matematico Fra Luca Pacioli8 Luca Pacioli (1445-1514) il grande matematico e umanista del rinascimento, padre della “tenuta dei libri in partita doppia”, nel 1494 pubblicò a Venezia la “Summa de Arithmetica, geometria, proportioni et proportionalità”, che diede ordine e pose le basi pratiche e teoriche alla moderna scienza della ragioneria e dell’economia aziendale. E’ dai contenuti di questa opera che nacque quel metodo veneziano di rilevazione dei conti pubblici e privati che fu e rimane strumento insostituibile anche nell’attuale era del computer.

Contemporaneo ed amico del sommo Leonardo da Vinci, con il quale dialogava di arte, bellezza e calcolo, nell’errare del pensiero tipico degli uomini dell’Umanesimo, che vedono nella matematica e nella geometria una delle proporzioni perfette per avvicinarsi a Dio, coniuga l’arte estetica con quella dei numeri e delle forme addivenendo alla perfezione traspositiva nel dodecaedro, figura geometrica che al pari della sfera, indica la perfezione.
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I segni della sua azione sono molteplici

La vastissima biblioteca, aperta al piano terreno del Palazzo Ducale (prima sala a sinistra del loggiato),

unica in quell’epoca per vastità e pregio, è costituita da una spettacolare collezione9 Testi sacri, Padri della Chiesa, letteratura classica, opere umanistiche e tecnico-scientifiche (principalmente di architettura e matematica) componevano la collezione. di oltre 1760 codici manoscritti10 caduti in stato d’abbandono dopo la morte di Guidobaldo, figlio di Federico, acquistata per soli 10.000 scudi dal papa Alessandro VII Chigi nel 1657) che di fatto li salvò dalla distruzione e dispersione. Da allora costituisce il nucleo più importante della Biblioteca Apostolica Vaticana. e capolavori riccamente miniati e spesso con dipinti a piena pagina11 Il Duca di Montefeltro si è avvalso dell’apporto dei principali miniaturisti e copisti: quelli di ambito fiorentino, con alcuni splendidi esemplari usciti dalla Bottega di Vespasiano da Bisticci, quelli provenienti da Ferrara e gli urbinati (il cui scriptorium ha iniziato a delinearsi soltanto di recente grazie a nuove attribuzioni esposte in mostra e descritte nel catalogo)., testimonia la personalità di Federico come principe umanista, committente di manoscritti e ispiratore di una collezione libraria celebrata come una delle più grandiose del quattrocento e di tutta la cultura occidentale.

(Urb. Lat. 63 – San Cipriano, manoscritto di origine fiorentina con raffigurazione a piena pagina del Santo nel suo studiolo)
(Urb. Lat. 9 – Salterio in ebraico, greco e latino fatto a Firenze su commissione di Federico di Montefeltro nel 1473)
(Urb. Lat. 93 – San Bernardo, manoscritto di origine fiorentina con raffigurazione a piena pagina del Sano inginocchiato rivolto alla Madonna circondata da angeli, attribuita a Francesco di Antonio del Chierico)
(Urb. Lat. 336 – Libanio, Epistolae tradotte in latino da Francesco Zambeccari. Ormentazione molto ricca eseguita a Urbino dal miniatore ferrarese Franco de’ Russi)

La convivenza con i maggiori architetti (Leon Battista Alberti, Francesco Laurana, Francesco di Giorgio Martini) ed artisti del tempo (Piero della Francesca, intimo amico di Federico, ma anche Paolo Uccello, il fiammingo Giusto di Gand e lo spagnolo Pedro Berruguete).

La prospettiva

La prospettiva è uno degli strumenti più potenti inventati dall’uomo per rappresentare il mondo a propria immagine e somiglianza, per fare della realtà una proiezione del pensiero umano. Meglio di qualsiasi altra invenzione interpretò i desideri del potere politico di farsi immagine, idealizzata ed astratta. E che proprio nei dipinti della Città Ideale trova una applicazione tanto rigorosa quanto suggestiva.

Lorenza Mochi Onori (curatrice della mostra “La città ideale”): “La prospettiva non è un modo reale di raffigurare le cose, è un modo assolutamente ideale perchè nasce da una concezione matematica, da un’idea del mondo e dal suo rapporto con l’uomo. La realtà visiva che noi in realtà vediamo, è fatta di spessore, atmosfera, luce, colore: non è fatta di linee e di idee come invece sono queste immagini.”

(cassone con prospettiva lignea di città ideale)
La città ideale

Nel Rinascimento la riflessione filosofica e politica sulla realizzazione di uno stato ideale, retto da filosofi e sapienti, si rispecchiò nella pratica architettonica e nell’elaborazione di un modello di città, tratto dalle utopie aristoteliche e platoniche. L’arte del buon governo si manifestò da un lato in un operare politico equilibrato, dall’altro nell’edificazione di palazzi e nella costruzione di città secondo progetti e calcoli precisi, utilizzando le forme geometriche perfette.

Tutto ciò confluì nel mito della città ideale, che esprimeva una nuova struttura politico-sociale e, insieme, una nuova concezione architettonica. Un ruolo preminente, sia sul piano della discussione filosofica, sia su quello dell’effettivo concretizzarsi della riflessione teorica, se lo guadagnò il ducato di Urbino, che assunse già per i contemporanei il valore di esperienza modello.

Federico da Montefeltro, da uomo colto ed illuminato (oltre che abile condottiero), divenne l’esempio del nuovo uomo politico.

Egli promosse, nello stesso tempo, le arti e gli studi matematici, la ricerca filosofica e lo studio dei testi antichi; la sua vasta biblioteca, attorno alla quale si riunirono intellettuali ed artisti, documenta questo indirizzo culturale.

In tale contesto trovano la loro collocazione le famose tavole con prospettive di città, oggi conservate a Urbino, Baltimora e Berlino. Le tre tavole, simili ma diverse, sono ispirate al concetto di Copia et Varietas teorizzato da Leon Battista Alberti ed estremamente popolare nell’arte rinascimentale della seconda metà del Quattrocento.

Le tavole della città ideale

Le tre celebri tavole raffiguranti prospettive di città, conservate ad Urbino, Baltimora e Berlino, incarnano la nuova interpretazione dello spazio elaborata dalla cultura rinascimentale.

L’astratto spazio matematico della piazza deserta, i riferimenti classici delle architetture, la perfetta forma geometrica del tempio circolare, rimandano alle teorizzazioni di Leon Battista Alberti ed ai modi pittorici di Piero della Francesca. L’opera rimane comunque piuttosto misteriosa: restano sconosciuti la destinazione originaria (un “cassone”, gli armadi non esistevano) e l’autore, che alcuni studiosi hanno proposto di identificare con l’architetto Luciano Laurana.

Nella tavola esposta a Baltimora la puntale citazione di edifici classici sul fondo fa pensare a una rappresentazione di Roma nella zona dei Fori Imperiali.

Anche la prospettiva conservata a Berlino richiama scorci romani e mette in evidenza lo stretto legame che unisce le città dell’Italia centrale con Roma, intesa non tanto come centro di elaborazione di modelli artistici ancora validi, quanto come miniera di reperti e monumenti antichi da studiare per elaborare un nuovo linguaggio.

Il Palazzo del Duca Federico da Montefeltro e Urbino: da “Fortezza-città” a “Città fortezza”

La costruzione del Palazzo Ducale di Urbino prese avvio intorno al 1450 per volontà di Federico da Montefeltro. Nel corso del decennio successivo il progetto venne ampliato, tanto che palazzo e città arrivarono quasi a coincidere.

Il palazzo diventò una struttura a scala urbana e determinò in modo definitivo l’aspetto di Urbino. Tale cambiamento avvenne grazie alla consulenza di Leon Battista Alberti, Piero della Francesca e Luciano Laurana.

L’edificio è organizzato attorno al cortile d’onore, ampio e luminoso, caratterizzato dalla ripetizione simmetrica degli elementi architettonici.

Dal cortile, il palazzo si espande in tutte le direzioni, assumendo una struttura asimmetrica, ricca di soluzioni estremamente originali, come quello dell’impianto dell’idraulica.

La facciata principale si piega ad angolo, così da creare una piazza accogliente. Il lato dei torrioni, stretta da due torri coronate da guglie, è caratterizzata da tre logge sovrapposte che ripetono il tema dell’arco di trionfo.

Il “retro” -sì, il retro- del palazzo:

Il (coerente alla filosofia di città vivibile) fronte del palazzo:

Il Palazzo Ducale di Urbino, intorno a cui l’antica capitale di Montefeltro si è armoniosamente arroccata, non è solo un capolavoro architettonico, è l’enigma stesso di una città ideale del Rinascimento italiano.

Ed inoltre, i segreti dello studiolo del Duca Federico da Montefeltro:

La Flagellazione

La Galleria Nazionale delle Marche, sita ad Urbino, ospita anche l’opera del Piero della Francesca denominato la “Flagellazione”.

È un’opera “anomala”, intrigante e ricca di riferimenti. È però, al contempo, un dipinto enigmatico che fu di Federico, anche se Federico non c’è, ed anche se lo riguarda molto da vicino.

Il significato è sconosciuto o quantomeno non è certo. La disputa circa il significato attribuito dagli storici e dai critici dell’arte se da una parte la rappresentazione dell’assassinio del fratello di Federico, Oddantonio, oppure il tentativo di organizzare un patto politico-militare per salvare Costantinopoli, sta volgendo verso quest’ultima ipotesi. Anzi, si dovrebbe dire che il dipinto è lo strumento di rappresentazione di un messaggio.

Contesto

Mentre nella penisola italiana si innalzano i sogni dell’ “età nuova”, il rinascimento, ove stà sviluppandosi l’arte e la cultura, ad oriente si sta profilando un incubo: il crollo dell’impero bizantino, che potrebbe cambiare per sempre la storia mondiale.

Il 15 febbraio 1439 avviene un fatto storico eccezionale: Costantinopoli e Firenze “si incontrano”. In occasione del Concilio di Ferrara e Firenze, un corteo di 800 delegati bizantini, con sontuosi abiti da cerimonia, sfila per le vie di Firenze. Alla testa l’imperatore Giovanni XIII, che ha organizzato la missione per cercare l’aiuto del Papa e dei potenti per impedire la disfatta dell’Impero d’Oriente. Faceva parte della spedizione anche Basilio Bessarione, un monaco ortodosso, fatto Vescovo di Nicea, che all’interno della spedizione, fungeva da portavoce dell’Imperatore.

Dovrebbe aver personalmente vissuto l’evento il Piero della Francesca.

Faceva parte della spedizione anche Giorgio Gemisto Pletone, “iniziato ed unico maestro vivente di iniziati”. Pensatore e maestro che fonda una scuola sul modello dell’Accademia di Platone, come noto il più celebre filosofo dell’antichità assieme a Aristotele. Quella di Gemisto non era una scuola come tutte le altre: riteneva che le religioni imperanti, quelle monoteiste, erano la causa delle continue guerre (anche intestine) e fossero un danno per l’intera civiltà. Credeva infine che sarebbero state destinate a scomparire. Auspicava la ripresa dell’antica religione ellenica in funzione universalista, sostenendo sostenendo che essa sola sarebbe stata in grado di fondare la pace universale e di superare le controversie che affliggevano i monoteismi abramitici.

(Tempio Malatestiano di Rimini – Il progetto di Leon Battista Alberti)

Pletone morì a Mistra nel 1452, a quasi cent’anni d’età. Le sue ceneri e le sue ossa riposano oggi nel Tempio Malatestiano di Rimini, portate qui dalla Grecia da Sigismondo Malatesta che si riteneva un suo discepolo e che guidò personalmente, nell’agosto del 1464, un manipolo di soldati per trafugare le spoglie del filosofo dalla città conquistata dai turchi.

Quel Tempio Malatestiano che associa il Ducato di Urbino con un ulteriore elemento di comunanza: il ritratto di Sigismondo Malatesta ad opera di Piero della Francesca.

Partecipa alle lezioni del vecchio filosofo Giorgio Gemisto Pletone, a tema gli insegnamenti platonici e neoplatonici, anche il figlio del medico personale di Cosimo de’ Medici: Marsilio Ficino, che rimarrà folgorato12 Sembra che il suo interesse al platonismo abbia indotto l’arcivescovo fiorentino Antonino, preoccupato di possibili deviazioni del Ficino verso eresie platoniche, a consigliargli di studiare sia medicina a Bologna che l’opera di Tommaso d’Aquino. Ma la permanenza a Bologna dal 1457 al 1458, testimoniata da Zanobi Acciaiuoli, non è documentata e resta certo l’ininterrotto interesse per la filosofia platonica e neo-platonica (tratto da Wikipedia). dai misteri platonici ed il sapere degli antichi. Grazie a lui cambierà per sempre la cultura del mondo occidentale.

Il sogno di Bessarione sembra dissolversi o quantomeno rimanere sospeso la mattina del 29 maggio1493. Costantinopoli viene conquistata dai Turchi.

Su tutta l’Europa si distende una cappa di terrore.

Il Bessarione inizia una frenetica attività diplomatica per raccogliere uomini, soldi, armi contro i turchi, ma i suoi sforzi per soccorrere Costantinopoli non avranno esito. È perfettamente consapevole che il suo mondo, il suo universo, stà finendo; quindi capisce che per salvare questo suo mondo (quello bizantino) deve cambiare il mondo occidentale. E per far questo, ridà voce agli antichi, alle antiche dottrine, ponendo le basi più solide, anche più affascinanti, del nostro umanesimo e del nostro rinascimento.

Per tornare al dipinto, la scena si svolge all’interno di un’architettura classica e rinascimentale, con la scacchiera del pavimento ed i cassettoni del soffitto che contribuiscono a dare l’impressione della profondità. Infatti, la tavoletta, nonostante le sue dimensioni ridotte, mostra grandi spazi grazie all’applicazione magistrale della prospettiva. La luce proviene da due punti differenti, da sinistra e da destra, ed illumina anche il riquadro del soffitto sotto cui è collocato il Cristo.

Diversi sono gli elementi iniziatici all’ordine cavalleresco di Marsilio Ficino, il giovane biondo, scalzo e col vestito rosso, in primo piano. Accanto a lui Basilio Bessarione, in qualità di consigliere e, sull’estrema sinistra, l’Imperatore bizantino Giovanni VIII.

Silvia Ronchey (scrittrice): “In qualche modo la ”Flagellazione” testimonia un tentativo fallito: sul piano politico questo tentativo fallisce ma testimonia, da un punto di vista culturale, un tentativo pienamente riuscito: il rinascere di una nuova filosofia, di una nuova cultura europea sulle ali della migrazione di libri e di dotti bizantini che porta il platonismo, che portano questa religione universale dell’internazionale dei dotti, che di nuovo grazie ad un altro veicolo strepitoso della stampa, porterà la nascita dell’Europa moderna e della cultura che chiamiamo occidentale ma che in realtà è bizantina.”

La “Flagellazione” è l’espressione del massimo della libertà del tempo con messaggi oltre il tempo e le culture.

L’opera custodisce il sogno di rinnovare la religione cristiana con il contributo dell’insegnamento di Platone e degli antichi maestri; un sogno che il papato di allora non avrebbe mai permesso venisse espresso liberamente.

Un sogno concepito dal vescovo Bessarione. Un sogno che avrebbe forse permesso una conciliazione tra la chiesa bizantina e quella cattolica: l’unione tra oriente ed occidente. Un sogno, appunto.

Conclusioni

Urbino: qui è fiorita e cresciuta la potenza dei Montefeltro.

Nel giro di pochi decenni un piccolo borgo medievale diventa una potente città stato ed uno dei centri d’arte di della letteratura più raffinati del rinascimento. Grazie a Federico da Montefeltro, un uomo che però rappresenta una “filosofia”.

È “anche dalla storia che si conosce il futuro” oppure “il futuro viene disegnato anche dalla storia”?

 

Dedicato a Daniela P.

NOTE

[1] nella notte tra il 21 e il 22 luglio 1444 un manipolo di congiurati entrò nel palazzo signorile e fece scempio del duca. È probabile che tale congiura ebbe motivazioni esclusivamente politiche: Oddantonio doveva apparire inadatto a governare lo stato in quel difficile frangente, specialmente a fronte della forte presenza di Federico, tenuto ai margini del governo. In più il duca di Urbino era pienamente sotto l’influenza dei Malatesta di Rimini e Cesena, una casata storicamente avversaria dei Montefeltro.

[2] nato il 18 gennaio 1427 dal conte di Urbino Guidandonio da Montefeltro e dalla seconda moglie di costui, Caterina Colonna, fu l’unico figlio maschio legittimo del conte di Urbino e superò nel diritto di successione il fratellastro maggiore Federico, nato nel 1422 e legittimato nel 1424.

[3] Il 17 febbraio 1443, pochi giorni prima della morte del padre, Oddantonio venne investito del vicariato apostolico in temporalibus, ed associato così al governo dei domini paterni. Il 26 aprile 1443 papa Eugenio IV elevava Oddantonio al grado di duca di Urbino, titolo trasmissibile agli eredi. La nomina si inquadrava nell’azione pontificia di contrasto a Francesco Sforza nelle Marche nella quale i Montefeltro erano comunque impegnati militando da tempo nell’esercito del duca di Milano, alleato del papa nella lotta allo Sforza.

[4] l’estraneità di Federico all’assassinio è stata messa in dubbio dai più (contemporanei e storici moderni, tratto da wikipedia).

[5] l’Matrimoni e figli. Aveva sposato nel 1397 Rengarda Malatesta,dalla quale, in ventisette anni di matrimonio, non ebbe figli. Da una relazione con Elisabetta degli Accomandugi, dama di Compagnia nacque Federico III, legittimato, secondo Duca d’Urbino. Da un’altra relazione extraconiugale sarebbe nata Aura, figlia naturale sposata al conte Bernardino degli Ubaldini della Carda, comandante generale della Compagnia Feltria.

Dopo la morte di Rengarda in seguito a malattia, sposò Caterina Colonna, nipote del Papa. Questa gli diede finalmente un figlio maschio, Oddantonio, garantendo cosi la successione alla casata. La coppia ebbe in totale 6 figli:

[6] Nel 1404 si fece investire da papa Bonifacio IX signore di Urbino fino alla terza generazione, per milleduecento fiorini d’oro. Essendosi in seguito distaccato dal papa per unirsi al re Ladislao, che nel 1411 lo creò gran connestabile del regno, fu scomunicato. Con questo pretesto, conquistò Assisi. In seguito si riconciliò con la Chiesa e fece ossequio a papa Martino V divenendone il principale alleato assieme agli Sforza e che sostenne contro Braccio da Montone. Nel 1426 il Papa lo investì del dominio di Castel Durante, ovvero Urbania, che egli assediò ed occupò nel 1427.

[7] E’ stata infatti rinvenuta una lettera cifrata nella quale il duca avrebbe accettato di marciare con le proprie truppe su Firenze al termine della congiura per conquistare la ricca città fiorentina (tratto da wikipedia)

[8] Luca Pacioli (1445-1514) il grande matematico e umanista del rinascimento, padre della “tenuta dei libri in partita doppia”, nel 1494 pubblicò a Venezia la “Summa de Arithmetica, geometria, proportioni et proportionalità”, che diede ordine e pose le basi pratiche e teoriche alla moderna scienza della ragioneria e dell’economia aziendale. E’ dai contenuti di questa opera che nacque quel metodo veneziano di rilevazione dei conti pubblici e privati che fu e rimane strumento insostituibile anche nell’attuale era del computer.

Contemporaneo ed amico del sommo Leonardo da Vinci, con il quale dialogava di arte, bellezza e calcolo, nell’errare del pensiero tipico degli uomini dell’Umanesimo, che vedono nella matematica e nella geometria una delle proporzioni perfette per avvicinarsi a Dio, coniuga l’arte estetica con quella dei numeri e delle forme addivenendo alla perfezione traspositiva nel dodecaedro, figura geometrica che al pari della sfera, indica la perfezione.

[9] Testi sacri, Padri della Chiesa, letteratura classica, opere umanistiche e tecnico-scientifiche (principalmente di architettura e matematica) componevano la collezione.

[10] caduti in stato d’abbandono dopo la morte di Guidobaldo, figlio di Federico, acquistata per soli 10.000 scudi dal papa Alessandro VII Chigi nel 1657) che di fatto li salvò dalla distruzione e dispersione. Da allora costituisce il nucleo più importante della Biblioteca Apostolica Vaticana.

[11] Il Duca di Montefeltro si è avvalso dell’apporto dei principali miniaturisti e copisti: quelli di ambito fiorentino, con alcuni splendidi esemplari usciti dalla Bottega di Vespasiano da Bisticci, quelli provenienti da Ferrara e gli urbinati (il cui scriptorium ha iniziato a delinearsi soltanto di recente grazie a nuove attribuzioni esposte in mostra e descritte nel catalogo).

[12] Sembra che il suo interesse al platonismo abbia indotto l’arcivescovo fiorentino Antonino, preoccupato di possibili deviazioni del Ficino verso eresie platoniche, a consigliargli di studiare sia medicina a Bologna che l’opera di Tommaso d’Aquino. Ma la permanenza a Bologna dal 1457 al 1458, testimoniata da Zanobi Acciaiuoli, non è documentata e resta certo l’ininterrotto interesse per la filosofia platonica e neo-platonica (tratto da Wikipedia).

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