Il Sole 24 Ore, Dom. 14/8/2011

Lo scudo determina la preclusione di ogni accertamento tributario e contributivo (come stabilito dall‘articolo 14 del Dl 350/2001) a prescindere dal fatto che il contribuente dimostri la riferibilità dei maggiori imponibili accertati alle attività emerse. È questo l’orientamento della commissione provinciale tributaria di Rimini (sentenza n. 237/02/11 depositata il 29 giugno scorso).

Un contribuente, nella fase del contraddittorio per l’accertamento Irpef dell’anno 2005, ha esibito la dichiarazione riservata per produrre gli effetti dell’articolo 13-bis del Dl 78/2009 (“scudo fiscale ter”) ed ha risposto a tutti i quesiti posti dai verificatori, con una sola eccezione: ha ritenuto di non dover fornire —rispetto alla richiesta dell’agenzia delle Entrate— elementi documentali atti a confermare che le attività dichiarate non fossero già detenute in epoca antecedente al periodo d’imposta oggetto del controllo. In assenza di tale riscontro l’Agenzia ha proceduto comunque all’accertamento, sostenendo che la preclusione non poteva essere opposta in quanto il contribuente non aveva fornito adeguata prova che le attività dichiarate non fossero già detenute in epoca antecedente al periodo d’imposta oggetto del controllo e cioè al 1 gennaio 2005 (come richiesto dalle circolari 43/E del 10 ottobre 2009 e 52/E dell’8 ottobre 2010).

Nel ricorso alla Ctp il contribuente ha contestato alle Entrate, sussistendo nella specie tutti i presupposti previsti dalla norma, che la preclusione all’accertamento non poteva essere disconosciuta per la mancanza di una prova documentale che non era richiesta dalla legge, ma solo da circolari. La Ctp di Rimini ha rilevato che è «priva di qualsiasi riscontro normativo o logico» la posizione delle Entrate quando, disconoscendo la preclusione all’accertamento, contesta al contribuente «solo la carenza di prova che le attività dichiarate non fossero già detenute in epoca antecedente al periodo d’imposta oggetto del controllo e cioè al 1 gennaio 2005 e ciò in forza di una affermazione contenuta nella circolare 52/E dell’8 ottobre 2010, secondo cui dovrebbe sussistere anche questo elemento»

Osservano i giudici tributari che «in nessun articolo del citato Dl 78/2009 e nemmeno del Dl 350/2001 si trova una indicazione di un termine iniziale di presenza del deposito all’estero come presupposto della regolarizzazione e quindi della preclusione». Rileva ancora che essendo «l‘agevolazione del cd. “scudo fiscale” non prevista con riferimento alle attività di un anno in particolare, ma a tutte le attività precedenti il 31 dicembre 2008 e la preclusione operava e opera per tutto il periodo senza che si possa o debba distinguere l’epoca del deposito con l’imponibile di quell’anno».

Quindi, «avendo il contribuente regolarmente beneficiato dello “scudo fiscale” per le attività detenute all’estero negli anni precedenti il 2008, al Fisco era precluso effettuare accertamenti per l’anno 2005, con la conseguenza che l’avviso notificato deve ritenersi illegittimo».

A proposito di questo delicato aspetto, va anche ricordato che, mentre l’Agenzia (circolare n. 43/E del 2009) richiede «l’astratta riferibilità tra i maggiori imponibili accertati e le attività emerse», la dottrina ha ritenuto che, in caso di esibizione dello scudo fiscale, la preclusione all’accertamento operi automaticamente, senza necessità di prova specifica da parte del contribuente, in tutti i casi in cui sia possibile, anche astrattamente, ricondurre gli imponibili accertati alle somme o alle attività costituite all’estero oggetto di rimpatrio. La sentenza di Rimini rafforza quindi questa posizione.

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