Fin dove è contrasto all’evasione e quando inizia una guerra al denaro contante?

Il Governo si appresta a premiare nella misura del 10% (oltre ad un concorso) i privati cittadini che pagheranno in modalità cashless (ovvero immediatamente tracciabile) le proprie spese.

Il cashback fiscale

Il Presidente del Consiglio Conte ha presentato, anche se ancora in definizione ed in attesa del via libera da parte del Garante per la privacy, il piano di attuazione del c.d. “cashback”, strumento di marketing escogitato per incrementare le vendite e profilare i consumatori attraverso la restituzione di una percentuale della spesa sostenuta. Al fine, perlomeno per quanto dichiarato, di combattere l’evasione fiscale e conseguente aumento di gettito erariale[1], il Governo promette di restituire una parte della spesa se -rinunciando al denaro contante- vengono utilizzati strumenti di pagamento tracciabile: mediante POS, carte di credito/debito, servizi di cashless con cellulare come Satispay ed eventuali altri strumenti di pagamento (non on-line) che venissero ricompresi nel perimetro.

Mentre gli istituti di pagamento con carte di credito si stanno “portando avanti” in termini pubblicitari, e pur nella sua vaghezza non solo tecnica, il Presidente del consiglio ha preannunciato un “doppio bonus”:

– un cashback “ordinario”, addirittura del 10% della spesa effettuata, su base semestrale, e con un tetto massimo di 1.500 per semestre (ovvero 30.000 euro/anno di spesa fiscalmente tracciabile). Sarà prevista una condizione, disposizione “antielusiva” di stampo prettamente fiscale: per evitare di poter raggiungere il massimo del quantum disponibile con poche e costose transazioni è richiesto, nel semestre, di un numero minimo di spese tracciate (50, sembra).

– un “supercashback” (dai connotati di “premio fedeltà” o concorso) riservato, quale vero e proprio premio, per i 100 mila contribuenti che avranno compulsato il maggior numero di transazioni tracciabili, a prescindere dall’importo delle stesse. Il premio per i 100 mila vincitori sarà di 3.000 ciascuno (per cui alle casse erariali costerà 300 milioni di euro).

Sul come possano essere rimborsati aspettiamo di conoscere le modalità.

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Cash back quale misura anti-evasione

Certamente lo Stato si appresta a fare un grande investimento: innanzitutto si spera che la misura -con spesa certa- possa scovare il “sommerso” e quindi portare “nuova” materia imponibile (ovvero imposte) e non vada a finanziare spese che già trovavano emissione del documento fiscale (supermercati, ecc.).

In termini degli autori dell’evasione occorre preliminarmente segnalare che, spesso, è lo stesso consumatore/contribuente che preferisce celare le proprie spese, indice di tenore di vita, facilmente ed automaticamente a disposizione del fisco, a rischio di accertamento sintetico di cui all’art. 38 del DPR 600/1973 (cd. “Redditometro).

Come poter omettere inoltre che, tecnicamente, l’evasione dei tributi a carico di imprenditori e professionisti (Ires, Irpef ed Irap) siano la conseguenza dell’evasione dell’iva, che -magari pleonastico ricordarlo- è un’imposta (europea) sui consumi a carico del consumatore finale?

Ciò posto, infine, occorrerebbe rilevare che -se da un lato si incentiva chi compra- si continua a non voler considerare che le conseguenze di una misura volta al contrasto dell’evasione (per un fine di interesse pubblico), ovvero le commissioni, debbano (continuare) ad essere integralmente sostenute dagli esercenti[2].

Il “mito”

Fatte queste riserve occorrerebbe superare il mito, il tabù, che in Italia ad evadere il fisco siano esclusivamente i titolari di partita iva e che invece i privati consumatori finali siano solo passive vittime incolpevoli dell’infedeltà fiscale altrui. Anche chi scrive ha spesso faticato ad “imporre” l’emissione della fattura al privato/consumatore poiché costui spesso non intende corrispondere quell’iva da computarsi sul prezzo (netto) di vendita o sul compenso professionale. Per la riuscita dell’operazione cashback occorrerà, quindi, aspettarsi che il consumatore finale voglia -attraverso il cashback- far emergere un “sommerso” che vale il 22%, e sottrarsi dalla partecipazione ad una evasione fiscale per avvantaggiarsene. Dovere civico o (auto)bonus “illecito” direttamente ottenibile dal fornitore?

Conseguenze in termini di riservatezza

La limitazione all’uso del contante incide sulla libertà ed abitudini delle persone: restringendo le possibilità di scegliere come metodo di pagamento quello considerano più adeguato, si va ad incidere per forza di cose direttamente sulla libertà e le abitudini delle persone.

Per consolidata esperienza professionale durante indagini fiscali e penali, chi scrive può attestare che le informazioni raccolte attraverso l’operatività di enti bancari e soprattutto quelle derivanti dagli istituti di pagamento svelano inconsapevolmente tanto, ma tanto, della persona/famiglia e delle (legittime) abitudini/vezzi più di quanto si possa razionalmente immaginare.

Valutazioni di opportunità nella ricerca del ristorno

Se consumisticamente uno “sconto” del 10% sui prodotti può senza dubbio aiutare nell’economia quotidiana sarebbe forse il caso di chiedersi fino a dove tale misura possa costituire un vantaggio all’economia personale e familiare e dove, invece, ipnoticamente sconfinare in un consumo dai connotati bulimici, oltre il necessario o semplicemente desiderato, che diverrebbe esso stesso uno sperpero di denaro pari al 90% della spesa…

Costi economico-sociali

Con il livello commissionale sottoriportato, il valore degli scambi diminuisce in quanto il servizio offerto dagli istituti di moneta elettronica vanno retribuiti.

Inoltre v’è sempre il rischio che il costo della commissione venga, nel tempo, per cartello degli esercenti, addebitato sui consumatori.

N. Passaggi ad un POS Cosa Rimane di 100€Commissione di incasso %Commissione in valore assoluto Note
start100€0,8%0,8€Si parte con i nostri 100€
199,2€0,8%0,794€al primo passaggio diventano 99,2€. 80c sono di spettanza dell’Istituto di moneta elettronica
298,406€0,8%0,787€al secondo passaggio diventano 98,406€. 78,7c vanno all’Istituto di moneta elettronica
….…..….…..etc etc
10044,79€0,8%0,358€Al 100esimo passaggio i 100€ sono diventati 44,79, gli Istituti di moneta elettronica sono stati retribuiti di 55,21€ sui 100€ iniziali

Conclusioni

Diffondere l’idea che la maniera più efficace per contrastare l’evasione fiscale risieda nella lotta al contante significa, dunque, pubblicizzare volutamente un erroneo convincimento. L’evasione si combatte mettendo a punto un quadro normativo stabile e facilmente comprensibile, tagliando il numero degli adempimenti, instaurando un rapporto di fiducia tra il Fisco e il contribuente e riducendo in maniera sistematica e ragionevole la pressione fiscale tramite una spesa efficace e dell’inefficienza pubblica.

L’argomentazione del contrasto all’evasione che viene usata da chi si prodiga per combattere il denaro contante sembrerebbe inattaccabile, ad una prima analisi. Tuttavia, mediante una disamina più attenta e approfondita si scopre che il grosso dell’evasione fiscale non ruota affatto attorno l’utilizzo del denaro contante, ma riguarda invece transazioni decisamente più sofisticate. I fenomeni evasivi/elusivi numericamente più rilevanti, quali l’occultamento di ricavi e compensi o l’indebita deduzione dei costi, vengono, infatti, messi in atto con l’impiego di strutture e comportamenti che prescindono dall’uso del denaro contante e dall’obbligo di avvalersi del canale bancario e per rendere le operazioni tracciabili.

È augurabile che questa nuova misura possa aiutare a recuperare una parte del sommerso, che il maggior gettito fiscale venga speso opportunamente, ma il contrasto all’evasione fiscale avrebbe bisogno di ben altri strumenti oltre che di premi, subalterni ad un civismo fiscale non solo tra imprenditori e professionisti, ma anche tra lavoratori dipendenti e pensionati.


NOTE:

[1] il problema del “sentiment” fiscale dell’Italia è che il contrasto all’evasione viene sostanzialmente condotto, da almeno trent’anni, attraverso una subordinazione di ogni ipotesi di riduzione di una tassazione notoriamente elevata al raggiungimento di obiettivi di finanza pubblica intrisi dell’idea che lo Stato debba essere una gigantesca bàlia.

[2] sembra sia al vaglio, quale aiuto a favore degli esercenti, l’ennesimo credito d’imposta sulle commissioni accettate anche per piccoli importi.

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