INDICE:

  1. Premessa
  2. L’Agenzia delle Entrate presa d’assalto da richieste di informazioni: il Direttore Centrale Accertamento dell’Agenzia, Luigi Magistro, fornisce delucidazioni qualche giorno dopo l’avvio delle operazioni.
  3. Il Redditometro nel futuro e l’esperienza passata
  4. Come stanno veramente le cose
  5. Strategia
  6. Conclusioni
  1. Premessa

Si fa riferimento al post che dava notizia degli invii, da parte dell’Agenzia delle Entrate, delle 300.000 lettere (vedi articolo QUI) concernenti la ritenuta non congruità del reddito dichiarato dal contribuente nel 2010 rispetto alla presenza di elementi indice di capacità contributiva rilevati dall’Anagrafe tributaria con riferimento o tale annualità.

È già stato sottolineato nel precedente intervento che per il destinatario della lettera non sorge alcun obbligo di corrispondere alla segnalazione ricevuta: pertanto, anche nel caso di completa inerzia, il contribuente non rischio alcuna conseguenza derivante dalla mancata risposta.

  1. L’Agenzia delle Entrate presa d’assalto da richieste di informazioni: il Direttore Centrale Accertamento dell’Agenzia, Luigi Magistro, fornisce delucidazioni qualche giorno dopo l’avvio delle operazioni

Pur trattandosi di “lettere di carattere informativo” (?) L’Agenzia delle Entrate si è vista interpellato con numerosissime di telefonate ed accessi presso gli uffici provinciali in relazione a chiarimenti e contestazioni tali da indurre in data 31 maggio 2012 il Direttore Centrale Accertamento dell’Agenzia, Luigi Magistro, a riproporre alcune “delucidazioni”.

Quelle in generale sui motivi dell’iniziativa, ove ribadisce che “Sono motivazioni di carattere informativo. La lettera fa presente ai destinatari che l’Agenzia ha, nella sua banca dati, informazioni su spese certe e quantificate sostenute nel 2010, e che queste spese eccedono in maniera sensibile il reddito che risulta dalla dichiarazione”.

Quelle per il contribuente e la sua consapevolezza. per esempio, che “Se ritiene di avere tutti gli elementi che spiegano la sproporzione (tra reddito dichiarato e spese elle banche dati del fisco, n.d.r.), gli mettiamo a disposizione gli strumenti per farcela presente. Chi assiste il contribuente è in grado di capirlo immediatamente. Se vuole dare un chiarimento lo può fare. Ecco, magari sarebbe il caso che non lo facessero tutti nel giorno immediatamente successivo al ricevimento della lettera. Ora, possono dedicarsi agli altri adempimenti previsti in questo periodo (dichiarazioni dei redditi, n.d.r.) e, in un secondo momento, potranno comunicarci quanto devono, tranquillizzando però i contribuenti sulla regolarità della propria situazione”.

Quelle di tipo metodologico del tipo come ribattere all’Agenzia delle Entrate gli importi che alla stessa risultano se l’Agenzia stessa, “per motivazioni di privacy”, omette gli stessi con una “X”: “… non parliamo di spese di qualche centinaio di euro, ma di decine e centinaia di migliaio di euro e, in più, non sono spese sostenute 10 anni fa, ma del 2010. Se è stata acquistata una casa, una macchina o una barca, il primo che lo sa è chi ha fatto quell’acquisto. Quindi, non c’è bisogno di incrociare chissà quali dati, basta vedere la griglia degli elementi in allegato alla lettera e ricordarsi quanto si è speso e dichiarato”.

Quelle sull’ordine quantitativo, relativi alla rendicontazione degli importi: “Possibile che, magari, nella digitazione dell’importo sia stato fatto un errore, ma nel 99 9% dei casi l’Agenzia è in possesso degli stessi dati del contribuente. l\/li permetta, pero, di dire che il punto non è questo. Se una persona che compro una casa spende, ad esempio, 300mila euro (in una sala volta, perché abbiamo considerato anche i disinvestimenti, esistenza di mutui e quant’altro), e ne dichiara 20mila, non si dovrebbe certo soffermare a pensare o quale dato abbia l’Agenzia. Che sia 300mila o 280mila, il rilevante scostamento rispetto al reddito dichiarato c’è comunque”.

Quelle sulle finalità dell’iniziativa: la lettera ho solo finalità preventive e quello che stupisce è che un elemento di civiltà come questo, che negli altri Paesi verrebbe apprezzato, in Italia genera dubbi e apprensione. Questo è uno strumento di compliance. L’abbiamo già utilizzato lo scorso anno e abbiamo avuto ottimi risultati anche i termini preventivi: siamo andati a vedere le dichiarazioni dei destinatari di quelle lettere e buona parte ha incrementato il reddito dichiarato. 10’000 euro, emigrati che se ne vanno e Quindi, dato che a breve ci saranno le dichiarazioni per il 2011, è il caso che il contribuente pensi un po’ meglio a quello che dichiara, a maggior ragione se consideriamo che le spese del 2011 sono ancora più recenti e, di conseguenza, più facili da ricordare. Noi non le abbiamo ancora tutte, ma fra poco le avremo, perché c’è anche lo spesometro a disposizione dell’Agenzia”.

  1. Il Redditometro nel futuro e l’esperienza passata

Nello stesso giorno in cui veniva pubblicato il post “Redditometro: al via la campagna di raccolta di denaro fresco”, l’Agenzia delle Entrate emanava la Circolare n. 18/E (del 31 maggio 2012, appunto) in cui viene annunciata che il nuovo accertamento sintetico verrà destinato ad intercettare fenomeni evasivi -o ritenuti tali- di ragguardevoli dimensioni, oltre a fare una analisi dei dati relativi al piano straordinario triennale (2009/2011) in materia di accertamenti sintetici, appena concluso.

Aldilà dei propositi per il 2012 occorre effettuare qualche valutazione circa gli obiettivi del redditometro raggiunti, per i quali il fisco non può certamente vantarsi granchè. Innanzitutto si deve considerare che con una maggiore imposta accertata media di circa 16 mila euro, e una “mediana” che scende al di sotto dei 10mila euro, l’attività di controllo e accertamento si è attestata su posizioni che, seppure apprezzabili, sono però da ravvisare in termini, pressoché, di marginalità.

Sarebbe ancor più interessante effettuare qualche valutazione in merito a tali risultati se l’Agenzia delle Entrate diffondesse completamente i dati della “maggiore imposta definita” mediante ali istituti dell’accertamento con adesione o dell’acquiescenza, che “tagliano” drasticamente la voce dell’accertato a favore, unicamente della significatività dell’incassato.

Tali dati, divulgati solo per l’attività svolta nel 2010, quando si riferiscono agli appena 30.443 accertamenti che hanno dato come frutto un importo complessivo di accertato per 501 milioni di euro, da cui una maggiore imposta media di 16.400 euro, ben 12.729 di essi sono stati oggetto di definizione, oltre il 40%, dai quali è conseguita una maggiore imposta definita di 96 milioni di euro, equivalente ad una definizione media di 7.542 euro di maggiori imposte. ln sostanza nel 2010 mediamente. ci fronte di un accertamento di 16.400 euro di maggiori imposte. abbiamo assistito, per 4 accertamenti su 10. ad una definizione a 7.542 euro. Con una conseguente riduzione della pretesa di oltre il 50%: un segno tangibile, senza dubbio, tanto della approssimazione del “vecchio” strumento -o della scelta di base che ha animato la “campagna” – quanto della sua direzione verso fenomeni evasivi di dimensioni certamente “bagatellari” (ma, nonostante ciò, altrettanto certamente meritevoli di essere perseguiti e contrastati).

Ciò per il passato.

Con l’avvento del nuovo redditometro, ridisegnato dal D.L. n. 78/2010 e in corso di elaborazione da parte della SOSE (Società Studi di Settore S.p.A.) e dell’Agenzia delle Entrate, il fuoco di mira del Fisco dovrebbe spostarsi su soggetti di ben altro interesse e spessore, ovviamente dal punto di vista accertativo.

Tant’e chela recente circolare n. 18, diramato in materia di controlli, richiama gli uffici a “garantire la massima efficacia dissuasiva, mediante una accurata analisi di rischio che consenta di individuare solo le posizioni caratterizzate da una rilevante discrasia, in termini assoluti, tra il reddito complessivo dichiarato e quello determinabile sinteticamente”.

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4. Come stanno veramente le cose

L’analisi dei casi esaminati in questi primi dieci giorni porta a fatti di tutt’altra natura rispetto alle dichiarazioni e rassicurazioni del direttore centrale per l’accertamento Luigi Magistro. Si vuole credere alla buona fede del capo ufficio, le cui dichiarazioni rispecchiano più l’intenzione teorica di partenza dell’operazione che la sua attuazione pratica a consuntivo in quanto nulla, per ora, corrisponde alle sue parole.

Come da tradizione “cartelle pazze”, innanzitutto quelle lettere presentano una percentuale di errori più elevata di quella che si potrebbe definire serenamente marginale, inoltre non sembrano ad oggi pochi i contribuenti che le hanno ricevute pur avendo dichiarato redditi tutt’altro che microscopici.

Infatti, da un campione non modesto della pratica professionale, alle “X” contestate al contribuente comparivano, rispetto al reddito dichiarato, importi modesti ad addirittura nulli. Ovvero, alle “X” delle voci “significative” di spesa sostenute nel 2010 (“acquisto fabbricato” oppure “canoni di locazione” oppure “conferimento denaro in società”, ecc.), il contribuente non aveva comprato alcun immobile ed anche pagato canoni di locazione e neppure conferito denaro in società.

In altri casi si sono verificati acquisti o spese indicate con le “X” ma in anni diversi: 2009 od addirittura nel 2008 per cui tali importi non possono essere utilizzati per l’accertamento sintetico dell’anno 2010.

Si stanno registrando casi di mancata corrispondenza con la realtà: solo i casi conosciuti ad oggi smentiscono la affermata coincidenza nel 99,9% dei casi trai dati a disposizione dell’Agenzia e quelli a conoscenza del contribuente per parola del direttore Accertamento, che, si ribadisce, riguardano il fatto:

– che le lettere si baserebbero su informazioni certe presenti nella banca dati dell’Agenzia,

– che queste spese eccedono in maniera sensibile il reddito che risulta dalla dichiarazione;

– che riguardano contribuenti con redditi dichiarati microscopici e non dichiarazioni da centinaia di migliaia di euro di reddito imponibile;

– che non parliamo di spese di qualche centinaio di euro, ma di decine e centinaia di migliaia di euro e, in più, non sono spese sostenute 10 anni fa, ma del 2010.

La gravita dell’iniziativa sembra sempre di più consistere nell’aver inviato lettere “finto-personalizzate” col fine di indurre il contribuente per incamerare quanto più possibile ma senza alcun controllo preventivo di quanto asserito, addossando come al solito la “responsabilità” fattiva del rapporto fisco contribuente sul contribuente stesso, colui al quale ricade -come noto- l’onere finanziario.

Discorso a parte il quasi comico richiamo alla legge sulla privacy (per dati che attengono allo stesso destinatario della lettera): da una parte l’Agenzia non comunica l’ammontare delle spese rilevate nelle banche date, dall’altro chiede al contribuente, tramite posta elettronica o a mezzo telefono (cioè strumenti che di certo NON garantiscono maggiore tutela della privacy delle lettere recapitate), la segnalazione di errori o incongruenze rilevate nel prospetto riepilogativo delle spese.

Nell’articolo richiamato, in relazione alle “X” ed ai mancati numeri si annusava puzza di bruciato circo lo affidabilità dei numeri stessi; infatti…

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5. Strategia

Si ribadisce chela procedura consigliata è quella di archiviare tale comunicazione e, magari, per trovarsi pronti, recuperare la documentazione e procedere ad un check di redditometro con riferimento all’anno 2010.

La comunicazione ricevuta, come più volte segnalato, ha finalità “informative” ed al destinatario non sorge alcun obbligo di replicare al quale, si precisa, l’inerzia, non comporta alcuna sanzione. Ciò in quanto la missiva ricevuta non può essere considerata un “questionario” o una “richiesta” di cui all’Art. 32 del D.P.R. 600/73[1].

È inoltre da escludere che la comunicazione dell’Agenzia delle Entrate rappresenti, automaticamente. una sorta di “anticamera” dell’accertamento sintetico: e ciò perché la segnalazione.

a) emerge dalle risultanze dell’Anagrafe tributaria e quindi tutte da verificare in termini qualitativi e quantitativi: i primi dati indicano una pressa pochezza quantitativa e sembrerebbe più motivata -attraverso le strategie comunicative e di marketing che il fisco ci ha ormai abituato- verso l’incremento della tanto auspicata compliance del contribuente, come peraltro ammesso dal Direttore Magistro;

b) non tiene conto, né potrebbe, di elementi soggettivi certamente sconosciuti al Fisco al momento di selezionare i destinatari della lettera, quali, solo per fare qualche esempio, dismissioni patrimoniali o disponibilità finanziarie derivanti dal montante reddituale dei componenti della famiglia o, ancora, da redditi esenti, non imponibili o imponibili “convenzionalmente” (come i redditi agrari), ad infine donazioni intrafamigliari.

Per concludere, è consigliabile la formazione di un apposito fascicolo, in relazione alla lettera dell’Agenzia delle Entrate, nel quale fare confluire la documentazione utile -quella esemplificata al precedente punto b)- a contrastare eventuali richieste e contestazioni future: ciò non potrà che agevolare le eventuali future attività difensive, in considerazione del fatto che, trattandosi del periodo d’imposta 2010, ragionevolmente la relativa attività di controllo non sarà avviata prima dell’autunno 2013.

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6. Conclusioni

È assolutamente sconfortante come l’Agenzia delle entrate, dotata di superpoteri, di supermezzi e di superinformazioni (si pensi alle multiple banche dati obbligatoriamente alimentate “a gratis” dagli altri enti pubblici, dalle banche e istituzioni finanziarie, dal mondo professionale, e dai loro stessi utenti), pur in possesso di milioni di dati, riesca a fare uso in maniera così “inefficace” per i fini di cui si prefigge.

I proclami di un rapporto fisco-contribuente improntato sulla correttezza, e più specificamente le parole di Luigi Magistro, sono di fatto smentiti da queste lettere: è veramente difficile percepire “un elemento di civiltà” e vie da credere che, ben lungi dall’essere apprezzato, anche negli altri Paesi genererebbe i dubbi e le apprensioni che sta generando in Italia.

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NOTE:

[1] i questionari o le richieste dell’Agenzia delle entrate, se non “corrisposti” dal contribuente, lo espongono ad una serie di sanzioni “dirette” ed “indirette” che vanno dalla pena pecuniaria per l’omessa risposta, prevista dal D.Lgs. 471/1997 sino alla “sterilizzazione” di quanto non addotto malgrado la richiesta ricevuta, in sede amministrativa e processuale, prevista dal penultimo comma dell’Art. 32 del D.P.R. 600/73.

Prova ne è, infatti, che la stessa lettera dell’Agenzia delle Entrate “suggerisce” di avvalersi dell’istituto del “ravvedimento” che, come noto, è invece precluso laddove il contribuente abbia avuto formale conoscenza dell’avvio di un controllo nei suoi confronti.

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